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Plastificanti biocompatibili: caratteristiche

I plastificanti biocompatibili sono materiali utilizzati per rendere polimeri più morbidi e flessibili, ma che non causano effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente. Secondo la I.U.P.A.C. un plastificante è una sostanza o un materiale incorporato in un materiale  per aumentarne la flessibilità, la lavorabilità o la distensibilità.

La domanda di materiali a bio-based  nell’industria della bioplastica è in sostanziale crescita a causa della crescente consapevolezza delle preoccupazioni per la salute e l’ambiente. L‘uso di plastificanti naturali e/o biodegradabili, con bassa tossicità e buona compatibilità con diverse plastiche, resine, gomma ed elastomeri in sostituzione dei plastificanti convenzionali, come ftalati e altri plastificanti sintetici convenzionali, ha attirato il mercato insieme alla crescente tendenza mondiale all’uso dei biopolimeri

I plastificanti sono additivi, tipicamente piccole molecole organiche, che diminuiscono la temperatura di transizione vetrosa del polimero con cui sono miscelati, creando prodotti flessibili o semirigidi con migliori caratteristiche di lavorazione

plastificanti
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I plastificanti in genere non sono legati in modo covalente ai polimeri e ciò consente al plastificante di diffondersi all’interno e all’esterno della miscela nel tempo con conseguente esposizione umana e contaminazione ambientale. Gli ftalati, in particolare, sono oggetto di crescenti preoccupazioni a causa della loro consolidata persistenza nell’ambiente e dei loro effetti negativi sulla salute, compresi i perturbatori endocrini.

Nella formulazione di plastificanti biocompatibili si devono anche considerare le loro prestazioni e la loro compatibilità con il polimero. È quindi necessario trovare un equilibrio tra la compatibilità, l’efficienza e la permanenza del plastificante.

Fondamentalmente si mira a ridurre o eliminare l’uso o la formazione di sostanze pericolose. Ciò vale non solo durante la fase di utilizzo di un materiale, ma include anche la sua produzione e le fasi di fine vita. Una componente cruciale è quindi la fase di progettazione, durante la quale si deve conoscere il destino di una molecola. Ci si avvale  quindi anche di metodi computazionali per prevedere la tossicità attraverso, ad esempio, le relazioni quantitative tra struttura e attività

Caratteristiche dei plastificanti biocompatibili

Oltre ad avere caratteristiche funzionali devono essere:

  • non tossici e innocui per l’uomo, gli animali e l’ambiente
  • biodegradarsi rapidamente
  • buona compatibilità con il polimero
  • ottenuti da fonti rinnovabili

Inoltre bisogna tenere conto dell’utilizzo di catalizzatore, di eventuali catalizzatori, delle condizioni di reazione e del loro ciclo vita

Plastificanti epossidati a base di biomassa

Rispetto ad altri plastificanti, la presenza del  gruppo epossidico nella struttura del plastificante epossidato potrebbe assorbire e neutralizzare l’acido cloridrico rilasciato dal PVC durante la degradazione alla luce o termica. I plastificanti epossidati a base di biomassa includono principalmente oli vegetali epossidati, esteri di acidi grassi epossidati e gruppi epossidici contenenti derivati del cardanolo, lipide fenolico ottenuto dall’acido anacardico.

Il gruppo epossido è più reattivo del doppio legame, fornendo così un sito energeticamente più favorevole per la reazione e rendendo l’olio un buon scavenger di acido cloridrico e plastificante.

La struttura è rappresentata in figura:

Plastificanti biocompatibili

Tuttavia, le lunghe catene alifatiche conferiscono ai materiali risultanti caratteristiche specifiche come elasticità e flessibilità, ma anche una temperatura di transizione vetrosa relativamente bassa e scarsa resistenza meccanica, limitando notevolmente la loro applicazione pratica.

Le nuove prospettive

Si è avuto quindi lo sviluppo e l’utilizzo di plastificanti biocompatibili derivati ​​da olio di soia epossidato, olio di ricino, cardanolo, citrato, glicerolo, acido poliacrilico e isosorbide.

I carboidrati come la cellulosa, ottenuti da rifiuti agricoli, possono essere idrolizzati in molecole più piccole che consentono l’accesso a una gamma di sostanze chimiche e materiali rinnovabili. Uno di questi composti di è il 5-clorometilfurfurale ottenuto da monomeri rinnovabili, carburanti e prodotti chimici speciali.

L’utilizzo di plastificanti naturali biodegradabili a bassa tossicità e buona compatibilità con i polimeri tradizionali è una tendenza in crescita nello sviluppo delle bioplastiche.

Tuttavia, in alcune applicazioni, una sostituzione completa con plastificanti a base naturale non è semplicemente possibile, motivo per cui negli ultimi decenni si è sviluppata un’ampia gamma di plastificanti sintetici biodegradabili disponibili in commercio: esteri di acido adipico, azelaico, sebacico, citrico e acido tartarico

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