Secondo la I.U.P.A.C. per antiaromaticità si intende la destabilizzazione di un composto dovuta alla delocalizzazione degli elettroni π. I composti antiaromatici vengono destabilizzati così come i composti aromatici vengono stabilizzati.
I criteri per secondo la I.U.P.A.C. per determinare se una molecola ha antiaromaticità sono i seguenti:
- essere ciclica
- essere planare
- deve avere un sistema di elettroni π coniugati
- deve contenere un numero di elettroni π pari a 4n dove n è un numero intero diverso da zero
I composti antiaromatici sono difficili da sintetizzare a causa della loro instabilità: ad esempio la sintesi dell’1,3-ciclobutadiene impegnò a lungo i chimici.
All’inizio del XX secolo il chimico tedesco Richard Martin Willstätter provò ad ottenere l’1,3-ciclobutadiene partendo dall’1,2-dibromociclobutano ma, la difficoltà nell’isolarlo resero questo composto oggetto di studio.
Un team di ricercatori guidati dal chimico australiano Rowland Pettit dell’Università del Texas nel 1965 lo ottenne dalla degradazione di un derivato organometallico del ciclobutadiene.
Un altro composto antiaromatico è l’1,3,5,7- cicloottatetraene in cui sono presenti 8 elettroni π.
Nel 1905 Richard Martin Willstätter sintetizzò per primo questo composto. Notò che esso non presentava la reattività di un composto aromatico bensì presentava le reazioni tipiche delle olefine. Solo successivamente Reppe sintetizzò il 1,3,5,7- cicloottatetraene a partire dall’acetilene con rese maggiori.
in presenza di cianuro di nichel e cianuro di calcio quali catalizzatori e in condizioni di alta pressione.
Tra i composti antiaromatici vi è il pentalene costituito da due anelli ciclopentadienilici fusi che presenta 8 elettroni π.
Questo composto è particolarmente instabile e dimerizza già a basse temperature ovvero a circa – 100°C.
Anche l’eptalene è un composto antiaromatico costituito da due anelli di cicloeptatriene fusi che presenta 12 elettroni π.