Principi della termodinamica

Principi della termodinamica

I principi della termodinamica sono un insieme di leggi che definiscono un gruppo di grandezze fisiche, come temperatura, l’energia e l’entropia, che caratterizzano i sistemi termodinamici.

Calore e lavoro

Calore e lavoro non sono altro che forme di energia con le quali si è tenuto conto di tutti gli scambi energetici effettuati dal sistema, possiamo quindi dedurre che in una trasformazione aperta la differenza tra queste due forme di energia essendo diversa da zero, deve necessariamente coinvolgere la variazione di una certa energia posseduta dal sistema stesso ovvero:

Q – L = ΔU, che costituisce la formulazione matematica del primo principio della termodinamica applicabile alle trasformazioni aperte (non cicliche). In tale equazione compare U che rappresenta l’energia interna del sistema.

Energia interna

Per energia interna del sistema si intende la somma delle energie cinetica e potenziale associate alle particelle di cui detto  sistema è costituito .

L’energia interna e data da:

1)   Energia cinetica:  associata alla traslazione , rotazione e vibrazione delle molecole e al moto degli elettroni

2)   Energia potenziale:  energia associata alla posizione di ciascuna particella in conseguenza delle interazioni internucleari, intermolecolari, interelettroniche e nucleo – elettroniche.

Si premette che una funzione di stato è una grandezza che descrive lo stato di equilibrio di un sistema o la sua evoluzione tra diversi stati, univocamente e indipendentemente dal tipo di percorso svolto. Durante una trasformazione, infatti, la variazione di una funzione di stato dipende solo dallo stato iniziale e finale del sistema e non dal percorso.

L’energia interna è una funzione di stato in quanto la sua variazione ΔU per il passaggio del sistema dallo stato iniziale (1) allo stato finale (2) è sempre la stessa indipendentemente da come il sistema sia passato dallo stato iniziale a quello finale. Si ricordi che per una trasformazione ciclica, la variazione di energia interna è uguale a zero in quanto lo stato iniziale coincide con quello finale.

Prendendo in esame la formulazione analitica valida per un sistema aperto Q – L = ΔU per la quale le due forme di energia (calore e lavoro) scambiate dal sistema con l’esterno è uguale alla variazione di un’altra forma di energia , e cioè quella interna si può dare una formulazione del primo principio della termodinamica detto anche principio di conservazione dell’energia

Principio  di conservazione dell’energia

L’energia totale di un sistema e dell’ambiente esterno si conserva anche se essa può essere convertita da una forma all’altra di energia. In altre parole l’energia non può essere né creata né distrutta quindi l’energia dell’Universo è costante.

Il primo principio e le trasformazioni fondamentali dei gas perfetti

Il primo principio della termodinamica, per una generica trasformazione infinitesima effettuata da un sistema, si può scrivere :

dU = dQ – dL

Se il lavoro in gioco è solo di tipo meccanico si ha:

dU = dQ – pdV *

tale equazione può essere utilizzata per le trasformazioni di un gas perfetto. Infatti consideriamo una

a) Trasformazione isoterma e reversibile

Poiché l’energia interna di un gas perfetto è funzione solo della temperatura, nell’ipotesi di una trasformazione isoterma si ha dT = 0 quindi anche dU =0

L’equazione * diviene dQ – pdV = 0 ovvero dQ = pdV

Il che significa che tutto il calore dQ che il sistema assorbe viene utilizzato per compiere il lavoro pdV.

Per un processo finito , tenendo conto che dQ = dL, e integrando l’equazione si ha :

Q              V2

∫ dQ = ∫ pdV

0               V1

La cui soluzione è nRT lnV2/V1 = nRT ln p2/p1

b) Trasformazione isocora

Per un processo isocoro (a volume costante) il lavoro di espansione è nullo per cui la * diviene dU = dQv

Poichè dQv = n CvdT essendo Cv il calore specifico a volume costante. Quindi

dU = nCvdT

da cui Cv = 1 / n ( dQ)/ dT

c) Trasformazione isobara

Per una trasformazione isobara (a pressione costante)

Il primo principio della termodinamica, tramite la definizione di entalpia, ci fornisce indicazioni sugli scambi di energia che si verificano fra un sistema chimico e l’esterno, ma non ci dà alcuna informazione relativa al rendimento di una reazione e sulla spontaneità di una reazione chimica.

Il secondo principio della termodinamica è il risultato di intense ricerche sulle macchine termiche che si svilupparono nel corso dell’800.

Le macchine termiche sono dei dispositivi tramite i quali un fluido (gas o vapore) viene sottoposto a una trasformazione ciclica.

Il calore in gioco nel ciclo termico viene scambiato dalla macchina con delle sorgenti esterne.

Enunciati

Mentre il primo principio della termodinamica prevede l’equivalenza tra calore e lavoro, il secondo principio sancisce che non è possibile trasformare integralmente il calore assorbito in lavoro meccanico.

Un altro enunciato del secondo principio è che è impossibile che avvenga un processo naturale il cui unico effetto sia il trasferimento di calore dal corpo più caldo a quello più freddo.

Per poter trasformare l’energia termica in energia meccanica abbiamo bisogno di due sorgenti di calore: una a temperatura maggiore, l’altra a temperatura minore.

Collegando tali sorgenti con una macchina termica, si può ottenere energia meccanica durante il trasferimento spontaneo del calore dalla sorgente più calda a quella più fredda.

La macchina termica cessa di funzionare quando le temperature delle due sorgenti diventano uguali per cui è necessario fornire continuamente calore alla sorgente più calda.

Nella macchina termica tutto il calore che emerge dalla sorgente a temperatura più elevata non può essere trasformato in lavoro perché è necessario che una parte di esso passi alla sorgente a temperatura minore.

Solo una parte dell’energia termica è energia utilizzabile dalla macchina. Questa frazione di energia libera di trasformarsi in lavoro viene indicata con la lettera G in onore del chimico J.W. Gibbs.

Lavoro

Il lavoro utilizzabile che si ottiene grazie alla trasformazione, si dice lavoro utile e corrisponde alla variazione di energia libera ΔG tra lo stato finale e quello iniziale.

La frazione di energia termica (calore) che resta inutilizzata, viene dispersa nella sorgente fredda la quale aumenterà la propria temperatura.

La produzione di lavoro utile ad opera di una macchina è quindi sempre inferiore alla quantità di energia complessivamente messa in gioco: se si divide il lavoro utile ottenuto per la quantità di energia coinvolta per produrlo si ottiene il rendimento η della macchina il cui valore numerico è sempre inferiore ad uno :

η = L utile/ Qtotale < 1

Nel 1824 in Francia Carnot, ufficiale del Genio, si interessò ai problemi delle macchine. Carnot partiva dal presupposto che il calore fosse un fluido che si conserva e che può passare tra quote termiche diverse.

Per Carnot  era chiaro che le macchine idrauliche funzionassero grazie al fatto che  il “fluido” acqua si conserva mentre può passare da una certa quota ad una inferiore ed era altrettanto chiaro come ricavare il rendimento di questa energia “ di quota” ( potenziale) in lavoro utile.

Normale, dunque, date tali premesse che Carnot affrontasse il problema delle macchine termiche trasferendovi tutte le sue conoscenze su quelle idrauliche. Egli trovò analogia tra la macchina termica e quella idraulica.

Macchina idraulica

Il lavoro prodotto dalla macchina idraulica è

L = mg(h2– h1) dove

L = lavoro teoricamente ottenibile

m = massa dell’acqua interessata al processo

g = accelerazione di gravità

h2– h1 = variazione di quota

Alla stessa stregua, secondo le idee di Carnot, per la macchina termica si avrebbe

L = Q (T2– T1) dove

L = lavoro teoricamente ottenibile

Q = quantità di calore di cui è potenzialmente “carica” la sorgente più calda

T2 – T1 = variazione di “quota termica”

In perfetta analogia con la macchina idraulica si avrà che il rendimento di quella termica sarà dato dal rapporto tra la quantità di lavoro calcolato e il lavoro che si potrebbe ottenere teoricamente se si sfruttasse integralmente il salto termico da T2 a T1 = 0 K corrispondente allo zero assoluto; è questo il lavoro massimo ottenibile in tal caso :

L = Q(T2 – 0) = QT2

Ne risulta che η = Q( T2 – T1)/ QT2 = T2 – T1/ T2 = 1 – T1/T2 e pertanto il rendimento è sempre minore di 1. E’ questo un altro modo per esprimere il secondo principio della termodinamica.

Rendimento

A titolo di esempio si riporta il rendimento percentuale di alcune macchine:

SISTEMA ( MACCHINA)EFFICIENZA O RENDIMENTO %ENERGIA NON TRASFORMATA
Vecchia locomotiva a vapore5-892-95
Locomotori con turbine a vapore4060
Motori a combustione interna3565
Motori a benzina3070
Motore diesel25-4060-75
Macchina biochimica(organismo umano)2080

Come si può notare dalla tabella, la maggior parte dell’energia, non viene trasformata in lavoro utile.

Generalizziamo ad altri casi quanto detto: la macchina termica sfrutta per il suo funzionamento il passaggio di calore a cascata, dalla sorgente a temperatura maggiore a quella a temperatura minore come se le due sorgenti corrispondessero a due livelli di energia potenziale.

Anche nella pila Daniell c’è trasferimento di elettroni in seguito a una differenza di potenziale tra i due elettrodi e tale “trasferimento di carica” avviene ancora una volta a cascata.

Infine anche nella macchina biochimica, cioè l’uomo, possiamo ricorrere nuovamente a questa immagine del processo di produzione di lavoro in seguito ad una cascata di energia. Tutte le specie viventi possono essere considerate delle macchine biochimiche che scambiano energia e materia con l’ambiente: si stratta cioè di sistemi aperti. Gli alimenti di cui la macchina biochimica si fornisce è energia pregiata che può essere utilizzata nel corso della digestione. L’energia così liberata potrà essere utilizzata dalla macchina vitale per auto mantenersi, per pensare, agire e così via.

In questo caso, a valle verrà ceduto calore: il profilo della trasformazione è perfettamente analogo a quanto avviene nelle macchine termiche, idrauliche ed elettrochimiche.

Nella sua forma più semplice il terzo principio della termodinamica non meno importante del primo e del secondo correla l’entropia del sistema alla sua temperatura assoluta.

Da un punto di vista etimologico termodinamica significa flusso di calore; questa branca della chimica fisica si occupa delle relazioni quantitative esistenti tra calore e altre forme di energia nel corso delle trasformazioni. Il terzo principio della termodinamica è il meno noto tra i tre principi, ma, insieme ad essi, costituisce un fondamento della scienza moderna.

Enunciato del terzo principio della termodinamica

Le formulazioni del terzo principio della termodinamica sono diverse; quella probabilmente più nota è:

“ogni sostanza pura ha un valore positivo di entropia che diviene pari a zero allo zero assoluto quando essa, in queste condizioni, è un solido cristallino perfetto”

A zero Kelvin, infatti, il sistema deve trovarsi nello stato di minima energia e il cristallo perfetto in tali condizioni possiede un solo stato di minima energia.

Essendo l’entropia correlata al numero possibile di microstati e poiché a zero Kelvin vi è un solo microstato, secondo la legge di Boltzmann:

S = kB ln W

dove kB è la costante di Boltzmann, W è il numero di microstati e S è l’entropia, si ha sostituendo a W il numero 1 ( numero possibile di microstati) si ha:

S = kB ln 1 = 0

Una forma più generale del terzo principio della termodinamica che si applica a sistemi che possono avere una stato minimo di energia maggiore di 1 è la seguente:

“l’entropia di un sistema si avvicina a un valore costante quando la temperatura si avvicina allo zero assoluto”.

Il valore costante è detto entropia residua.

Esempio

Per comprendere intuitivamente il terzo principio della termodinamica si può fare riferimento al vapore acqueo costituito da molecola di acqua allo stato di vapore che hanno un elevatissimo grado di disordine essendo libere di muoversi.

Abbassando la temperatura si verifica la condensazione e l’acqua si troverà allo stato liquido in cui le molecole hanno un’entropia minore rispetto al caso precedente pur godendo ancora di un certo grado di disordine. Dopo un ulteriore abbassamento della temperatura si verifica la solidificazione con relativa formazione di ghiaccio e l’entropia è molto bassa infatti le molecole di acqua possono vibrare solo entro i cristalli di ghiaccio. Quando l’acqua allo stato solido si avvicina allo zero assoluto tutti i moti delle molecole si smorzano e l’entropia tende a zero.

Da un punto di vista matematico il terzo principio della termodinamica può essere espresso come:

lim S = 0

T→ 0

essendo S l’entropia espressa in J s-1 K-1 e T la temperatura espressa in Kelvin.

Conseguenze

Dal terzo principio ne discende che, se a pressione esterna costante forniamo in modo reversibile del calore a una sostanza solida pura, incrementandone la temperatura da 0 K a T K la variazione di entropia di un simile sistema è data dall’integrale definito da 0  a T di dQp(rev)/ T

Poiché dQp(rev) = dH ed inoltre dH = Cp dT e quindi dQp(rev) = Cp dT si ha che la variazione di entropia è data dall’integrale definito da 0 a T di Cp dT essendo Cp la capacità termica a pressione costante.

Sulla base del terzo principio della termodinamica So = 0 pertanto l’entropia del sistema ad una temperatura T è data dall’integrale definito da 0 a T di Cp/T dT.

Siamo così in grado di calcolare l’entropia assoluta di una sostanza a una determinata temperatura purché sia nota l’equazione che esprime la dipendenza del suo calore specifico dalla temperatura. Tale dipendenza, per valori vicini alla temperatura ambiente è espressa dalla formula empirica:

Cp = a + bT + cT2+ …

Mentre per basse temperature vicine allo zero assoluto è espressa dalla legge di Debye:

Cp = αT3

in cui α è una costante caratteristica per ciascuna sostanza.

 

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https://chimicamo.org/chimica-fisica/il-secondo-principio-della-termodinamica-e-le-macchine-termiche/

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