insulina

Insulina: struttura, funzioni, uso

L’insulina è un ormone di natura polipeptidica elaborato dal pancreas, ghiandola a secrezione interna, accanto a un altro ormone anch’esso di natura peptidica, il glucagone. I due ormoni sono prodotti rispettivamente dalle cellule β e dalla cellule α delle isole di Langerhans.

All’insulina è deputato il compito di:

  • abbassare la concentrazione del glucosio ematico (effetto ipoglicemizzante)
  • favorire la sintesi del glicogeno, dei grassi e delle proteine a livello dei vari tessuti
  • aumentare la permeabilità al glucosio delle membrane cellulari.

Una deficienza nella produzione di questo ormone da parte del pancreas dà pertanto una lunga serie di alterazioni che riguardano il metabolismo:

  • dei carboidrati
  • delle proteine
  • dei grassi
  • il ricambio idrico

con insorgenza del diabete mellito, stato patologico caratterizzato da iperglicemia, glicosuria, chetonemia, acidosi e poliuria.

Quella presente in commercio si estrae dal pancreas dei bovini o di suini per trattamento con alcol di 95°. La soluzione alcolica che si ottiene viene evaporata nel vuoto a bassa temperatura, il residuo è trattato con etere per allontanare i grassi e, quindi, ripreso con alcol di 80°.

Si centrifuga e dal liquido limpido si precipita l’insulina con alcol assoluto. Per successiva cristallizzazione o purificazione cromatografica si ottiene l’insulina standard. Essa è usata  come campione di riferimento, 0.04167 mg della quale presentano attività ipoglicemizzante pari a una U.I.

Struttura dell’insulina

La struttura dell’insulina di bue è stata determinata da Sanger nel 1955 ; il peso molecolare è 5733 u e la sua struttura primaria  è costituita da due catene polipeptidiche dette subunità A e subunità B. La subunità A è costituita da 21 amminoacidi mentre la subunità B è costituita da 30 amminoacidi. Tali catene sono collegate da due ponti disolfuro e un ulteriore ponte disolfuro è presente nella catena A.

struttura
struttura

Sebbene la sequenza degli amminoacidi varia tra le varie specie, determinati segmenti della molecola rimangono uguali, tra cui le posizioni dei tre ponti disolfuro, le parti terminali della catena A e i residui presenti sul carbonio terminale della catena B. Tali analogie nella sequenza degli amminoacidi porta a una conformazione tridimensionale che è molto simile tra le varie specie e l’insulina di un animale è biologicamente attiva nelle altre specie.

Le molecole di insulina tendono a formare dimeri in soluzione e, in presenza di ioni zinco,  i dimeri si associano in esameri.

Secondo Sanger si formerebbe in vivo da un precursore polipeptidico, la proinsulina, ad opera di enzimi proteolitici tripsinosimili presenti nei tessuti animali (pancreas, fegato, reni, milza, muscolo). La proinsulina bovina sarebbe strutturalmente un peptide unico biologicamente inattivo costituito dalla successione di 81 amminoacidi.

La scissione proteolitica all’altezza dei legami peptidici che interessano gli amminoacidi in posizione 30 e 60 converte il peptide a catena singola (proinsulina) in quella a due catene peptidiche A e B (insulina), biologicamente attivo, per distacco della frazione  peptidica ( peptide connettivo) di 30 amminoacidi che unisce le due catene

Usi

E’ inattiva per via orale e deve essere somministrata per iniezione sottocutanea; dopo la somministrazione è facilmente assorbita, ma anche facilmente inattivata, probabilmente da enzimi ( insulinasi). Pertanto a causa della sua breve durata di azione, sei ore circa, deve essere somministrata a dosi frequenti. Per ovviare a questo inconveniente sono  elaborate le cosiddette insuline retard prodotti di combinazione con lo zinco o con talune proteine basiche. Sotto tali forme l’assorbimento dell’insulina è ritardato e l’azione protratta nel tempo.

E’ usata per curare il diabete mellito. Opportune dosi dell’ormone, dosi che variano da individuo a individuo, fanno scomparire tutti o quasi i sintomi della malattia e assicurano al paziente condizioni di salute normali.

Prima che l’insulina fosse scoperta nel 1921, le persone con diabete non vivevano a lungoin quanto il trattamento più efficace era quello di sottoporre i pazienti a diete molto rigide con un apporto minimo di carboidrati che facevano guadagnare ai pazienti qualche annodi vita in più

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