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Metodo del campo autoconsistente

Il metodo del campo autoconsistente (SCF) è una tecnica fondamentale per gli studi di meccanica quantistica sui sistemi chimici

Per atomi polielettronici il potenziale che agisce su un generico elettrone i-esimo è dovuto sia al nucleo che ai rimanenti j elettroni.

Per la determinazione di quest’ultimo termine è necessario conoscere la distribuzione dei j elettroni intorno al nucleo che è data dalla risoluzione dell’equazione di Schrödinger = in cui E è il valore dell’energia del sistema , H ( detto operatore hamiltoniano ) rappresenta un modo di esprimere l’energia totale del sistema e ψ è la funzione d’onda.

Inoltre il potenziale che agisce sull’elettrone i-esimo in generale non è sferico perché gli j elettroni possono trovarsi in orbitali  p, d ecc. che non hanno simmetria sferica e ciò non permette una risoluzione rigorosa dell’equazione d’onda. Si assume allora che ogni elettrone si muova indipendentemente dagli altri in un campo a simmetria sferica Vi creato dal nucleo e dagli effetti repulsivi medi degli altri elettroni.

In tal modo l’ equazione di Schrödinger può essere risolta per ogni elettrone. In pratica si associa una funzione arbitraria a ciascun elettrone e con questa si calcolano i potenziali medi agenti su ciascun elettrone. Questi potenziali sono quindi usati per calcolare nuovi potenziali tramite l’ equazione di Schrödinger dai quali sono, poi ottenute migliori approssimazioni dei potenziali medi.

Il processo viene reiterato finché un insieme di orbitali riproduce con una approssimazione prefissata i potenziali che hanno originato gli orbitali stessi.

Metodo del campo autoconsistente

Questo procedimento fu introdotto da Hartree e Fock ed è noto anche come metodo del campo autoconsistente (Self-Consistent-Field). Gli orbitali così ottenuti hanno lo svantaggio di essere rappresentati da funzioni molto complicate.

Un metodo più semplice, basato anch’esso sul principio del potenziale medio sferico, è quello di considerare che gli altri elettroni “schermino” l’elettrone preso in considerazione nei confronti del potenziale creato dal nucleo. Il potenziale creato dal nucleo, Ze/r viene ridotto a un potenziale empirico Z*e/r dove Z* è il numero atomico “efficace” di protoni che influenzano un dato elettrone.

Regole di Slater

Il fisico e chimico statunitense Slater suggerì delle regole che permettono di stimare in via semi-empirica di quanto un elettrone di un certo orbitale è schermato e quindi quale è la carica nucleare efficace di cui risente. Tali regole prevedono la scrittura della configurazione elettronica raggruppando gli orbitali per {gruppo} entro parentesi graffe:

{1s}{2s,2p}{3s,3p}{3d}{4s,4p}{4d}{4f}{5s,5p}…

Elettroni che appartengono a gruppi superiori rispetto a quello occupato dall’elettrone in esame non danno alcun contributo alla schermaggio.

Se l’elettrone si trova in un orbitale ns o np valgono alcune  regole. Ogni altro elettrone del gruppo {ns,np} dà un contributo pari a 0.35 allo schermaggio tranne per il gruppo {1s} che contribuisce per 0.30. Se l’elettrone appartiene al guscio (n-1) dà un contributo pari a 0.85 mentre se appartiene al guscio (n-2) dà un contributo pari a 1.0

Se l’elettrone si trova in un orbitale nd o nf valgono le seguenti regole:

  • Gli altri elettroni del gruppo {nd} o {nf} danno un contributo pari a 0.35
  • Gli elettroni di tutti i gruppi sottostanti danno un contributo pari a 1.0

Esempio

Ad esempio consideriamo l’atomo di Calcio per il quale Z = 20 la cui configurazione può essere scritta:

1s2, 2s2, 2p6, 3s2, 3p6, 4s2

Abbiamo che la costante di schermo vale: 1∙0.35 + 8 ∙0.85 + 10 ∙1.0 = 17.15

Il numero atomico “efficace” diventa quindi 20 – 17.15 = 2.85

Questi nuovi orbitali sono simili agli orbitali dell’atomo di idrogeno e, per questa ragione sono indicati con le lettere s, p, d, ecc.

Le loro energie, tuttavia, dipendono non solo dal numero quantico principale n, come nel caso dell’atomo di idrogeno, ma anche dal numero quantico secondario o numero quantico angolare l. Infatti le diverse distribuzioni spaziali degli elettroni nei diversi sottostrati l determinano un diverso effetto schermante sull’attrazione nucleare. Gli orbitali s, ad esempio, essendo caratterizzati da una notevole densità di carica vicino al nucleo, hanno un termine potenziale maggiore degli orbitali con l più grande e quindi, a parità di n, avranno un’energia minore. Sebbene le energie relative degli orbitali atomici variano da elemento a elemento è possibile costruire un diagramma qualitativo di queste energie per ogni atomo neutro secondo il diagramma:

distribuzione degli elettroni

tale diagramma è molto importante perché permette di trovare dei criteri per ordinare gli atomi in quella tavola che è nota come Sistema periodico degli elementi.

Prima di affrontare questo problema è necessario introdurre il Principio di esclusione di Pauli.

Poiché l’elettrone ha un momento angolare intrinseco (spin) il cui modulo è √s(s+1)  h/2π con s = ½ , la sua componente in una direzione è ms che può assumere valori + ½ e – ½ , in unità h/2π. Perciò l’elettrone in un atomo è caratterizzato da quattro numeri quantici: n, l, ml e ms. Il principio di esclusione di Pauli stabilisce che in un atomo non possono esistere due elettroni aventi gli stessi quattro numeri quantici. Di conseguenza, un orbitale può essere occupato da un elettrone con ms = + ½ o – ½ o da due elettroni che abbiano differenti valori di ms.

 

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