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Gas illuminante: usi, lampade a incandescenza

Il gas illuminante, costituito da gas quali idrogeno, monossido di carbonio e metano, fu ottenuto nel primi dell’800 riscaldando il carbone fossile  in assenza di aria.

Esso infatti è ricco di metano e quando è bruciato fornisce 20.5 kJ per litro.  Il gas illuminante era utilizzato prevalentemente per l’illuminazione pubblica dei centri urbani, da cui deriva il nome gas di città. Parigi, la ville lumière, dove iniziò il periodo della Belle Epoque adottò l’illuminazione stradale a gas già nel 1820. Solo  Baltimora precedette Parigi e vide le sue strade illuminarsi già nel 1816.

Il gas di città era distribuito in apposite tubazioni lungo le strade, le quali consentivano di distribuire il gas fino ai bruciatori posti sulla sommità dei lampioni. L’illuminazione era consentita per diffusione dalla fiamma del bruciatore. Solo successivamente, alla fine dell’800  fu utilizzato nelle cucine a gas ed infine negli scaldaacqua a gas.

Lampade a incandescenza e gas illuminante

Quando Thomas Edison nel 1879 perfezionò e brevettò le lampade a incandescenza scoperte da Wilson Swan iniziò a diffondersi il sistema di illuminazione pubblica elettrica. Esso  fu attuato a New York nel 1882. Con il tempo tale sistema prevalse rispetto all’illuminazione a gas e il gas illuminante fu destinato alla produzione di calore per uso domestico e come tale distribuito mediante reti di tubazioni con il nome di gas di città.

Attualmente accanto al gas di pirolisi, in misura sempre maggiore, sono destinati all’uso domestico altri gas tra cui il gas di gasificazione dei distillati petroliferi leggeri, in gas di conversione con vapore d’acqua di idrocarburi gassosi e ancor più il metano.

Fino al ventesimo secolo i chimici non avevano grandi conoscenze in relazione alla composizione e alla struttura molecolare dei diversi tipi di fossili. Ritenevano infatti fossero costituiti da carbone di legna mescolato con impurezze contenenti idrogeno.

Fossili

Solo tramite studi successivi si è giunti alla classificazione dei fossili sulla base della loro età geologica ovvero a partire dal carbon fossile più recente in torba, lignite, litantrace e antracite.

I fossili, infatti, si sono originati dalla trasformazione del legno e di altre parti vegetali attraverso il processo di carbogenesi  e quanto più tale processo è avanzato tanto maggiore è la percentuale di carbonio presente. Gli elementi presenti in essi oltre al carbonio  sono  idrogeno, ossigeno, azoto e zolfo e composti aromatici policondensati.

Se il carbone fossile è sottoposto a riscaldamento fuori dal contatto con l’aria avvengono trasformazioni chimiche dette di pirolisi che modificano la struttura del materiale tramite rottura di legami carbonio-carbonio  e carbonio-ossigeno.

La pirolisi, detta anche distillazione secca, produce sostanze che, alle temperature di reazione volatilizzano. Alcune di queste rimangono allo stato gassoso anche a temperatura ambiente come NH3,H2, CH4, CO. Vi sono poi sostanze che condensano come acqua e alcuni composti aromatici. In seguito allo sviluppo di sostanze volatili, il residuo solido da cui sono sfuggite risulta arricchito di carbonio ed è detto coke.

Dal processo di pirolisi si ottiene il gas combustibile e, per ottenere alte rese, si usano litantraci ad alto contenuto di sostanze volatili che meglio si prestano al processo di distillazione secca ovvero quelli denominati a lunga fiamma. Si opera alla temperatura di 900-1000°C per evitare la pirolisi dei prodotti gassosi ed ottenere maggiori rese. La presenza di monossido di carbonio rende tale gas particolarmente pericoloso.

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